Agostino Oreggi, qualificatore del Dialogo, e i limiti della Conoscenza Científica

Luca Bianchi

Università di Vercelli.

Italia.

 

Teologo personale del papa, che gli riconosceva grande autorità, Agostino Oreggi svolse un ruolo non marginale nelle complesse vicende che condussero alla condanna di Galileo del 1633: è noto infatti che egli fu uno dei tre qualificatori incaricati di stendere un parere sul Dialogo. Tuttavia, proprio questo parere - assai più conciso di quelli, più ampi ed argomentati, di Michele Inchofer e Zaccaria Pasqualigo - è probabilmente all'origine della scarsa attenzione che in genere gli viene riservata. In effetti, nella sterminata letteratura galileiana il nome di Oreggi occorre quasi esclusivamente perché nel suo De Deo uno, del 1629, si trova il resoconto dell’incontro durante il quale l’allora cardinale Maffeo Barberini presentò a Galileo la famosa obiezione anticopernicana basata sulla nozione di Onnipotenza divina, poi inserita per esplicita ingiunzione del Maestro del Sacro Palazzo alla fine della Quarta Giornata.

Eppure, fra il 1630 e il 1633 Oreggi pubblicò numerosi altri trattati teologici (De individuo Sanctissimae Trinitatis mysterio, De angelis, De opere sex dierum, De sacrosancto incarnationis mysterio) ed un interessante opuscolo filosofico (Aristotelis vera de rationalis animae immortalitate). Queste opere trascurate contengono indizi utili a cogliere quali idee e quali umori circolassero fra i più stretti collaboratori di Urbano VIII quando il Dialogo uscì di stampa. Nel mio intervento mi propongo di analizzare rapidamente questi indizi, soffermandomi soprattutto sui punti seguenti:

1.Maffeo Barberini era da tempo propenso a interventi che limitassero la libertà del dibattito filosofico. Quand'era legato a Bologna, si era chiesto se non si dovessero vietare corsi sulla dottrina aristotelica dell'anima. Un progetto simile era tanto velleitario quanto anacronistico, ma Oreggi era disposto a prenderlo sul serio ancora nel 1631.

2. Nell'interpretazione delle Scritture il teologo personale del Pontefice si atteneva al più rigido letteralismo. In particolare, sulla scia di Bellarmino, egli concepiva il Genesi come un autentico trattato di cosmologia.

3. In questa prospettiva Oreggi riteneva necessario introdurre un modello cosmologico a tre cieli, alternativo a quello di Aristotele, ed era disposto ad accogliere ipotesi innovative come quella della fluidità dei cieli, proposta da autori come Bellarmino, Biancani e Scheiner, ma ripetutamente censurata dai Revisori Generali della Compagnia di Gesù.

4. Oreggi tuttavia riteneva che il dettato della Scrittura rappresentasse un limite invalicabile per la libertà di indagine scientifica. Dotato di una scarsissima fiducia nelle capacità conoscitive dell'uomo, egli era convinto che i dati osservativi raccolti dai mathematici non potessero mai contraddire la parola di Dio, 'agostinianamente' identificata con il suo stesso essere.

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