The Catholic Church and the hermeneutical propositions of Galileo about interpretations of the Bible and scientific investigations of the Nature

Mauro Pesce

Università di Bologna

Italia

Vorrei presentare in modo sintetico sei tesi che dovrebbero chiarire l'importanza capitale della proposta che Galileo elaborò nella Lettera a Cristina. Nella recente "riabilitazione" cattolica della figura di Galileo è purtroppo rimasta del tutto in ombra la questione teorica e teologica fondamentale che Galileo aveva posto in quello scritto. Le condanna del copernicanesimo nel 1616 e poi quella dello stesso Galileo nel 1633 non furono un "caso", ma la necessaria conseguenza dell'avere rifiutato la distinzione galileiana tra un ambito scientifico e un ambito religioso.

1. La mia prima tesi è che la principale affermazione di ermeneutica biblica di Galileo non aveva per scopo di dimostrare che il sistema copernicano fosse vero mentre quello tolemaico sarebbe stato falso. Galileo, al contrario, negava che si potesse usare la Scrittura all'interno di argomentazioni di carattere scientifico, perché la verità delle affermazioni bibliche che riguardano realtà naturali non è di tipo scientifico, bensì religioso. Se per "concordismo" si intende una teoria ermeneutica che sostiene che le affermazioni della Bibbia sulla realtà naturale corrispondono a quanto afferma la ricerca scientifica, la teoria ermeneutica biblica galileiana non è concordista.

Affermare che la Bibbia si accorda col copernicanesimo e non col sistema tolemaico oppure che si accorda col sistema tolemaico e non col sistema copernicano è cosa radicalmente diversa dall'affermare che la Bibbia non ha rilevanza nelle questioni scientifiche. Questo è il punto principale della tesi galileiana e bisogna sottolinearlo con chiarezza: dal punto di vista ermeneutico, sostenere che la Bibbia è copernicana oppure sostenere che è tolemaica è assolutamente la stessa cosa. Perché in ambedue i casi non si esce dal concordismo e in ambedue i casi si sostiene che la Bibbia è scientificamente vera. Con la tesi galileiana, invece, si afferma che la Bibbia non ha uno scopo scientifico.

2. La seconda affermazione storica che propongo è la seguente. La condanna del copernicanesimo del febbraio 1616, con la quale il Santo Uffizio dichiarò che la teoria per la quale il sole si muove ed è centro dell'universo è da considerarsi eretica in quanto contraddice a molti passi della sacra Scrittura, ebbe un effetto fatale sull'evoluzione dell'ermeneutica biblica cattolica. Questo effetto fatale non dipende dal fatto che fu respinto come eretico il sistema copernicano, ma dal fatto che si consacrò implicitamente una teoria ermeneutica concordista. Da quel momento si rafforzò sempre di più nel cattolicesimo la tendenza ad affermare che la Bibbia è necessariamente vera anche dal punto di vista scientifico. Questo fatto dovrebbe interessare maggiormente gli storici della teologia e dell'esegesi biblica.

3. La terza tesi che propongo è che l'autorità ecclesiastica della Chiesa cattolica accettò, è vero, ad un certo momento storico, il copernicanesimo, ma non si allontanò dalla ermeneutica concordista. Accettò cioè il copernicanesimo, ma non il principio ermeneutico galileiano. Ciò significa che, dal momento in cui l'eliocentrismo e il moto della terra furono accolti, si smise di cercare di mostrare che la Bibbia era tolemaica, ma cominciarono a diffondersi tentativi teologici di dimostare che essa era copernicana. Dal punto di vista ermeneutico non si era verificato alcun mutamento. Solo con l'enciclica Providentissimus Deus del 1893 venne accettato un galileismo ermeneutico moderato che venne poi sviluppato dalla teologia successiva e recepito nella Costituzione dogmatica Dei Verbum del 1965. Molti studi recenti si sono dedicati a un argomento a mio avviso abbastanza secondario e cioè alla ricerca del momento in cui l'autorità ecclesiastica ha smesso di considerare eretico il copernicanesimo. Dal mio punto di vista, ciò è secondario perché la questione ermeneutica principale non era se il copernicanesimo fosse vero o falso, ma se le affermazioni della Bibbia circa le realtà naturali fossero da considerare scientificamente vere nella loro letteralità, secondo l'interpretazione della tradizione ecclesiastica. Anche le ricerche recenti di parte cattolica, che riesaminano l'atteggiamento ecclesiastico nella condanna di Galileo del 1633, trascurano la questione.

4. La mia quarta tesi è che il principio ermeneutico galileiano aveva una valenza molto più vasta di quella relativa alla questione astronomica copernicana: riguardava tutte le questioni di confine tra scienza e religione. Il rifiuto di quel principio obbligò l'autorità ecclesiastica a una serie ininterrotta di conflitti su questioni di confine tra scienza e religione.

5. La quinta tesi è che la proposta galileiana non aveva soltanto una natura dottrinale, ma mirava anche ad un'organizzazione diversa dei poteri all'interno del sistema della controriforma. Il potere intellettuale ecclesiastico non avrebbe dovuto più avere una competenza pressoché universale: natura e Scrittura delimitavano due ambiti di potere intellettuale diversi. La condanna del 1616 interruppe nel cattolicesimo una primavera o rivoluzione intellettuale complessiva che era fiorita nei sette anni precedenti.

6. Una sesta tesi storica è che Galileo fu sempre consapevole che l'accettazione del copernicanesimo come dottrina astronomica vera, e non come semplice ipotesi, comportava conseguenze teologiche di vasta portata. Egli però dissimulò sempre queste conseguenze teologiche e non se ne occupò mai, neppure in scritti a circolazione privata. Egli non si impegnò mai in quella riforma della teologia che il crollo del sistema scientifico aristotelico comportava. Alcuni dei suoi fiancheggiatori, come Campanella, erano consapevoli di questa grande posta in giuoco teologica. Ma lo erano anche molti dei rappresentanti della teologica cattolica tradizionale di allora. È su questo sfondo che va compreso il suggerimento del cardinale Bellarmino di considerare il copernicanesimo come una semplice ipotesi e non come verità assoluta. Bellarmino era mosso da preoccupazioni teologiche ed ecclesiastiche più che da una pretesa maggiore consapevolezza epistemologica della natura delle ipotesi scientifiche. Ci sarebbero voluti quasi trecento anni, con la crisi del concordismo e con la fine della repressione antimodernista, perché si potesse aprire la strada a una profonda riforma della teologia cattolica. Per questo, la Lettera a Cristina rimane uno dei grandi classici della teologia cattolica moderna, anche se ci trasmette un progetto rifiutato e accantonato.

| índice |