Galileo e le Questioni Meccaniche attribuite ad Aristotele
Mario Helbing
Institut Politechnische. Zurich
Die Schweiz
Il breve e denso opuscolo Quaestiones mechanicae (Q. M.), ignorato in occidente fino alla fine del Quattrocento, e quasi unanimemente attribuito nel Cinquecento ad Aristotele, ebbe un ruolo decisivo nella costituzione della moderna scienza della meccanica; rappresentò infatti il primo trattato teorico di allora sul funzionamento delle macchine semplici. Tradotte in latino solo nel 1517, in seguito in spagnolo e italiano, le Quaestiones mechanicae conobbero sviluppi nei notevoli commentari di Alessandro Piccolomini, Francesco Maurolico, Bernardino Baldi, Henri de Monantheuil, e furono privilegiato oggetto di riflessione per Niccolò Tartaglia, Girolamo Cardano, Pierre de la Ramée, Guidobaldo del Monte, Michel Varro, Giovan Battista Benedetti. Erano ben note ai grandi filosofi pisani della seconda metà del Cinquecento (Andrea Cesalpino, Francesco Buonamici, Jacopo Mazzoni), allepoca in cui Galileo fu studente (1580-1585) e in seguito lettore di matematica (1589-1592) a Pisa, e furono tema di insegnamento nel 1581 alluniversità Padova da parte di Moletti, il predecessore di Galileo alla cattedra di matematica. Nel solco di questa tradizione, le Q. M. costituirono il nucleo delle tematiche delle Mecanicbe di Galileo, risalenti al suo periodo padovano (1592-1610), nelle successive redazioni del 1593, 1594 e del 1597-1598. Nel Discorso intorno alle cose che stanno in su lacqua (1612) e più tardi nella Giornata quarta dei Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze (1638), Galileo fece esplicitamente risalire al trattato aristotelico il principio generale del funzionamento delle macchine semplici. Alcuni particolari problemi proposti dalle Q. M. furono al centro degli interessi dello scienziato toscano: nella Giornata prima dei Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze (1638), la famosa questione XXIV della rota Aristotelis ; nel Dialogo (1632) la questione VIII sul moto degli oggetti aventi cofigurazioni circolari. In una lettera dei suoi ultimi anni, Galileo rivelò di voler pubblicare certe sue considerazioni critiche alle Q. M., scritte in forma di dialogo, ma di questa sua opera non si ha ulteriore riscontro.
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